Strumenti tecnologici per la didattica | Synergie

Da anni, quando noi italiani gettiamo uno sguardo alle scuole di altri Paesi, abbiamo la sensazione di vivere ancora nel passato. Non solo nei tanto rinomati Usa, ma anche nell’osannato nord Europa, i metodi di insegnamento si sono evoluti verso soluzioni che sfruttano la tecnologia per arrivare all’obiettivo: formare gli studenti e prepararli alla vita che li attende dopo gli studi. Lungi dall’essere ambienti spersonalizzanti in cui il contatto con la macchina si sostituisce al rapporto con il docente, gli istituti scolastici che impiegano gli strumenti tecnologici per la didattica riescono meglio nel coinvolgere attivamente gli studenti, i quali di riflesso ottengono in genere migliori risultati ai test e agli esami. Spesso i risultati migliori si ottengono con metodi di “blended learning”, che potremmo tradurre con insegnamento ibrido, in cui la didattica tradizionale e quella tecnologica si fondono in un continuum che consente di realizzare il massimo trasferimento di insegnamenti. Del resto, oltre che dai risultati oggettivi dei test, l’efficacia dell’uso delle tecnologie è testimoniata dagli stessi insegnanti coinvolti, che sono sempre di più e usano le tecnologie con frequenza sempre maggiore. Un’indagine americana  ha dimostrato che mentre nel 2010 il 48% degli insegnanti proponeva  video online ai suoi studenti, nel 2016 la percentuale era salita al 68%. La cosa sorprendente è che la stessa indagine rivelava che il 78% degli studenti usava video online per imparare, superando di slancio gli stessi insegnanti.

La tecnologia nella scuola italiana

In Italia, si sa, siamo un po’ diffidenti verso la tecnologia. E e quindi l’ingresso nella scuola delle tecnologie di assistenza all’insegnamento, basate su sistemi audiovideo e macchine digitali, è avvenuto tardi, e con parecchie difficoltà. La cosa si spiega anche con la cronica mancanza di fondi della scuola italiana e da questo punto di vista, al di là dei proclami dei politici, non si scorgono grandi prospettive di miglioramento: difficile attrezzare aule tecnologiche se non ci sono nemmeno i fondi per la carta igienica. Aggiungiamoci poi la burocrazia scolastica che per stabilire chi ha il diritto, il dovere e la responsabilità della macchina. Probabilmente ognuno di noi ha episodi dell’orrore da raccontare su questo argomento. Sta di fatto che, solo da poco la scuola italiana si è avviata nell’epica impresa di affiancare alla lezione frontale altre tecniche di insegnamento. Prima principalmente grazie a singole iniziative sperimentali con un carattere quasi di volontariato, legate a qualche insegnante lungimirante che trovava i finanziamenti o comprava personalmente le dotazioni tecnologiche necessarie. Poi negli anni, con l’arrivo di realtà più strutturate, con il recepimento e l’adattamento di esperienze viste all’estero, e infine con l’elaborazione di piani comuni inseriti nel PON nazionale.

Tanti modi di essere tecnologici

A volte, il fatto di arrivare ultimi aiuta a non rifare gli errori commessi dai precursori. In Italia, abbiamo avuto tutto il tempo di imparare da chi è arrivato prima e di prendere le contromisure necessarie. Così nelle direttive del MIUR si è cercato di non essere troppo rigidi imponendo una tecnologia di “taglia unica che va bene per tutti”, ma contemporaneamente di dare delle regole che impediscano a ogni singola scuola di ritrovarsi con un sistema diverso e incompatibile con tutti quelli adottati da ogni altro istituto. L’iter necessario per far arrivare la tecnologia in classe è reso complicato dalla burocrazia, ma per questo sono venuti in aiuto i fornitori delle tecnologie stesse, con progetti completi e personalizzabili di possibili configurazioni di ambienti multimediali. Già nel 2016, per esempio, Synergie aveva preparato un portfolio di ben 8 modelli di configurazione, con tutta la documentazione che la scuola doveva presentare per iniziare le procedure burocratiche.

Strumenti di formazione multimediali: gli studenti non aspettano

Ma intanto che burocrati e politici discutono se è giusto o sbagliato mollare i gessetti per la LIM o il libro per il tablet, se installare o no il wi-fi in aula, o se lasciare che i ragazzi usino lo smartphone durante le lezioni, il mondo corre, la tecnologia progredisce, e i ragazzi non hanno nessuna intenzione di farsi lasciare indietro. Così, anche gli studenti italiani in molti casi hanno semplicemente superato di slancio i loro insegnanti nell’uso della tecnologia, esattamente come hanno fatto anni prima i ragazzi americani, quelli giapponesi, quelli nord europei e via elencando. In effetti, una delle barriere più forti all’introduzione degli strumenti di formazione multimediali a scuola è rappresentato proprio dall’atteggiamento di alcuni presidi e insegnanti. Secondo una ricerca americana (Burns, 2012) il semplice fatto che molti ragazzi maneggino il digitale con più destrezza dei loro docenti basta a mettere a disagio questi ultimi, o almeno quelli che hanno poca familiarità con computer e affini.

Una ricerca precedente (Becta, 2004) affermava più specificatamente che “la resistenza al cambiamento è il più grosso ostacolo nell’integrazione delle tecnologie ICT (informatica e telecomunicazioni) nelle classi” e che “ciò che determina il livello di coinvolgimento di un insegnante con le tecnologie digitali è il suo grado di competenza nel campo. Gli insegnanti che hanno poca confidenza con il computer cercheranno di evitare di doverlo usare in classe”. Negli Usa il problema è emerso 15 anni fa, da noi in tempi più recenti e, nonostante i corsi di formazione, le varie dispense e attività dedicate ai docenti, e i “bonus” ministeriali per l’acquisto di computer e tecnologia personale, non è ancora del tutto superato. In compenso, una parte degli insegnanti ha rotto gli indugi e ha cominciato a introdurre l’uso di strumenti di formazione multimediali e digitali in classe, spesso per merito di un oggetto tanto idolatrato quanto vituperato: lo smartphone. Il fatto che tutti ne abbiano uno ormai fin dalla più tenera età – tipicamente è il regalo della prima comunione, quindi parliamo di bambini di 8/10 anni – lo rende di fatto una piattaforma trasversale, onnipresente, e nettamente più familiare del computer, anche per gli insegnanti. Inoltre, si tratta di una piattaforma che permette di aprire un mondo alla classe, e la classe al mondo.

Un recente sondaggio condotto da Skuola.net insieme a Wiko, produttore di smartphone, fra circa 12mila studenti tra i 10 e i 20 anni, ha fatto emergere che il 13% di loro hanno l’intero corpo docente che usa lo smartphone come strumento tecnologico per la didattica quotidianamente. Magari l’utilizzo non è “ufficiale”, ma non c’è bisogno di permessi o pratiche burocratiche per usare lo smartphone nelle ricerche su Internet, prendere appunti, cercare video e foto per approfondimenti nelle varie materie, organizzare gruppi Whatsapp di classe per tenersi aggiornati su compiti e lezioni, e via discorrendo. Nelle fasce di età più alte il fenomeno si intensifica, e, negli ultimi anni delle superiori, il 20% degli studenti usa il cellulare con tutti gli insegnanti, mentre addirittura il 90% lo usa con almeno un professore. Comunque, anche per le scuole medie e inizio delle superiori questo dato è intorno a un discreto 60%.

In sintesi, quasi il 70% degli studenti di 18-20 anni ha incontrato nel suo percorso scolastico almeno alcuni insegnanti proiettati nel futuro. Mentre poco meno del 30% ha studiato in scuole dove il telefonino a lezione va tenuto rigorosamente spento e spesso lontano dal banco. Inoltre, anche quando non c’è il professore a supportare l’uso della tecnologia, lo studente agisce per conto proprio. Del resto, perché un ragazzo dovrebbe preferire studiare su un libro invece che utilizzare i tutorial di elettronica e fisica che trova su YouTube, le lezioni di inglese della BBC, i documentari sulla natura e l’archeologia del National Geographics, le trasmissioni del canale RaiScuola, le dispense e le raccolte di appunti che ci sono sul Web? Il successo incredibile di siti dedicati agli studenti, come i vari Scuolazoo, skuolanet, studenti.it, studiando.it è sintomatico: anche quelli che sono partiti come siti di puro divertimento, e in pochi anni si sono trasformati in veri e propri strumenti di studio, in modo pressoché spontaneo, semplicemente reagendo alle esigenze dei loro visitatori.

Basta poco per aggiungere allo strumento individuale di ciascuno studente, tecnologie multimediali di classe, dalla LIM ai grandi monitor touch, o per dotare l’insegnante di tablet e di software adatti a comunicare con ognuno degli smartphone dei ragazzi. I contenuti, del resto, non mancano. Portare gli strumenti tecnologici per la didattica giusti, consente di ottenere ottimi risultati. A patto di ricordare sempre, naturalmente, che la tecnologia deve rimanere un mezzo e non un fine.

 

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