Metodologie e strategie didattiche: potenziare l’insegnamento con la robotica educativa

Nell’ultimo decennio, la robotica educativa è entrata nella scuola italiana grazie all’impegno diretto del Miur (Ministero dell’istruzione) e alla passione di tanti insegnanti che hanno iniziato a utilizzare questi strumenti per migliorare l’apprendimento degli studenti. Innanzitutto, che cos’è la robotica educativa? La risposta è semplice: si tratta principalmente di un metodo pedagogico, una strategia didattica, che prevede l’utilizzo dei robot per rendere la didattica più interessante e migliorare il processo di apprendimento e insegnamento di bambini e ragazzi. È soprattutto un fenomeno trasversale che coinvolge le scuole italiane di ogni grado, da quelle dell’infanzia fino alle università. I robot hanno caratteristiche che li rendono particolarmente adatti alla didattica: dalla capacità di eseguire compiti ripetitivi in modo preciso fino alla possibilità di proporre attività ludiche ed esperienze pratiche per gli studenti. La robotica educativa ha una doppia valenza: può fungere sia da oggetto di apprendimento (come vera e propria materia di studio), sia da strumento per l’insegnamento.

Nuove tecniche didattiche e metodologie

Non si tratta di insegnare la programmazione applicata ai robot o di spiegarne il loro funzionamento: la robotica educativa serve a sviluppare le capacità (il problem solving o il pensiero computazionale) e a stimolare la curiosità degli alunni. Con la robotica educativa gli studenti sono chiamati a collaborare e condividere i propri progetti sotto la supervisione di un docente che riveste il ruolo di coordinatore e supervisore piuttosto che di professore. Grazie alla presenza di un robot (o anche più di uno) gli alunni si sentono maggiormente coinvolti e partecipi al processo educativo, giocando e apprendendo. Naturalmente, per ogni grado di scuola è possibile scegliere un robot adatto all’età degli studenti e al progetto che si vuole creare. Sul mercato, infatti, sono disponibili numerosi prodotti adatti a qualsiasi fascia d’età e utilizzabili in qualsiasi campo. Per questo motivo, ai docenti è richiesta una buona conoscenza dello strumento che intendono utilizzare.

Robot educativo per i bambini

Oggi si punta molto sulla robotica educativa sin dalla scuola primaria: i robot stimolano la curiosità e la voglia di fare dei più piccoli che hanno una naturale predisposizione a esplorare e scoprire nuove cose. Con la robotica educativa anche il gioco stesso assume una valenza diversa. È avere un’idea precisa di quali siano i kit/strumenti più utilizzati nella didattica scolastica: sul mercato ci sono numerossimi modelli e prodotti. Per esempio, nella scuola dell’infanzia vengono usati kit come Blue Bot, Cubetto, Doc o i prodotti della linea Lego Education/WeDo che permettono ai più piccoli di sbizzarrirsi nella cosiddetta robotica creativa prendendo confidenza con tematiche importanti come la sostenibilità ambientale. Inoltre, la maggior parte di questi strumenti permettono anche di fare del coding. La scuola primaria offre ai docenti diverse possibilità: i kit Lego Education (WeDo 2.0 e Boost, per esempio) sono davvero ottimi per iniziare, così come la linea Mindstorms che permette di sperimentare anche il coding. Mbot, Little Bits, Dash & Dot e Pro-Bot, sono altri prodotti interessanti: apprezzabile, poi, la linea Lego Braille Bricks utilizzabile per bambini non vedenti e ipovedenti. Nella scuola secondaria di primo e secondo grado gli strumenti a disposizione cambiano ancora: Lego Education (Mindstorms), Arduino, MBot, NAO e Microbit sono quelli che vanno per la maggiore e sono apprezzati dagli alunni per la possibilità di creare e sperimentare. Nella maggior parte dei casi si tratta di piattaforme robotiche programmabili che possono essere utilizzate anche per le materie umanistiche e che permettono persino di interagire con gli esseri umani (NAO, in primis). Certi robot umanoidi infatti possono aiutare gli studenti nel ripasso delle varie materie: dalle semplici tabelline fino alla grammatica di una lingua straniera, le possibilità sono davvero molteplici. Altri, invece, puntano più sulle cosiddette attività pratiche (la linea Lego WeDo, per esempio). Un robot o un kit per una classe composta da una ventina di alunni può essere oggettivamente un po’ poco, soprattutto se si punta a incentivare la collaborazione e la cooperazione tra gli studenti. Se il budget a disposizione lo permette è consigliabile averne almeno 4/5 di qualsiasi tipo. In Rete, poi, sono disponibili diversi corsi (anche gratuiti) dedicati alla robotica educativa che possono essere sfruttati dagli alunni e anche dagli stessi docenti per creare dei progetti innovativi.

Quali strategie didattiche attuare

È possibile introdurre la robotica educativa all’interno della didattica scolastica? La risposta è affermativa. Infatti, non si tratta di aggiungere una nuova materia al normale percorso di studio quanto fornire agli studenti uno strumento versatile che può aiutarli nell’apprendimento di molteplici discipline. Se all’inizio la robotica educativa era focalizzata principalmente sulle materie scientifiche (le famose Stem), negli ultimi anni si è avvicinata anche a quelle umanistiche. Ed è un formidabile strumento per sviluppare le attività di gruppo: gli studenti infatti vengono chiamati a portare a termine determinati risultati e a raggiungere obiettivi prestabiliti sotto la supervisione del proprio docente. Da rimarcare poi come la robotica educativa offra agli alunni anche una sfida graduale configurabile in base alle loro esigenze e capacità di apprendimento. Diventa quindi evidente come l’utilizzo della robotica educativa sia una parte fondamentale delle strategie didattiche da attuare nella scuola del futuro e quanto sia sempre più importante, per gli insegnanti, conoscere questi strumenti.

Robotica educativa e disabilità

La disabilità e scuola: un connubio inscindibile. Quando un bambino diversamente abile inizia il suo percorso scolastico si trova ad affrontare una serie di problematiche: dall’impossibilità di utilizzare gli stessi strumenti utilizzati dagli altri compagni fino alle difficoltà legate all’apprendimento. Oltre al supporto umano è necessario avere un aiuto extra: fortunatamente, in soccorso di questi bambini/ragazzi viene la stessa tecnologia. Infatti, per i disturbi specifici dell’apprendimento (le famose “DSA”) si possono utilizzare dei dispositivi mobile con una serie di programmi ad hoc. Si tratta di software di carattere ludico (assomigliano ai videogiochi) che mirano a far acquisire al bambino determinate competenze e a sviluppare certe capacità. Non ci sono solo app e programmi: anche gli stessi robot possono aiutare i bambini con disabilità e in molti casi si dimostrano perfetti per il compito che devono svolgere. Un robot, infatti, può eseguire lo stesso compito/azione milioni di volte senza mai stancarsi e può essere un valido aiuto all’insegnante che può focalizzarsi su altre problematiche. Oltre a essere un prezioso assistente, il robot sembra stimolare una certa empatia nei bambini affetti da autismo: la loro schematicità/prevedibilità nell’esecuzione di qualsiasi azione aiuta non poco i piccoli affetti da questo disturbo, che tendono a essere rigidi, inflessibili e ossessivi nelle attività che svolgono e che hanno grande difficoltà a entrare in sintonia con l’emotività degli altri. I robot sembrano essere in grado di migliorare l’interazione tra insegnanti e bambini affetti da autismo.

Milo e NAO, i robot in aiuto dei bambini affetti da disabilità

Diverse aziende hanno realizzato dei robot da utilizzare nelle terapie di supporto per questi disturbi: uno dei più famosi è senza dubbio Milo. Realizzato dalla statunitense RoboKind, questo robot umanoide è in grado non solo di camminare e parlare ma persino di replicare le espressioni facciali degli esseri umani. Milo, infatti, fa parte del programma “Robot4Autism” che utilizza questa tipologia di robot per migliorare le capacità di socializzazione e interazione dei bambini. I risultati ottenuti (soprattutto a livello comunicativo) sembrano dare ragione a Milo e RoboKind. Un altro robot umanoide piuttosto simile a Milo è NAO di Aldebaran Robotics che può essere un valido aiuto durante le lezioni per gli insegnanti. Rispetto al robot di RoboKind, NAO non è in grado di replicare le espressioni facciali umane ma riesce a fare le stesse cose: parla, ascolta, si muove e persino balla!

Anche l’Italia ha il suo robot umanoide

Per quanto riguarda il Bel Paese, l’Istituto Italiano di Tecnologia ha creato ICube, un robot bambino che viene utilizzato in alcuni ospedali (Genova, in primis) come integrazione alle normali terapie mediche. ICube è qualcosa di più di un semplice robot: è un assistente vero e proprio. Rispetto agli ai robot social (Milo e NAO) permette un tipo di interazione differente: iCube infatti dispone di led che simulano le espressioni facciali e di sensori tattili che gli permettono di ricreare la percezione del tatto umano.

Le nuove generazioni di studenti sono a contatto con robot e intelligenza artificiale sin dalla più tenera età: il compito della scuola è far comprendere loro anche gli aspetti etici e sociali. L’utilizzo dei robot, infatti, potrebbe comportare qualche preoccupazione: per molti educatori ed esperti c’è il rischio concreto che i bambini tendano a interagire di più con queste macchine che con gli esseri umani. In conclusione, la robotica educativa si sta integrando sempre di più e in modo trasversale nella didattica scolastica, dimostrandosi uno strumento affidabile non solo per consolidare le metodologie di studio degli alunni ma per stimolare l’apertura mentale e il pensiero computazionale. Visita la sezione dedicata alla robotica sul nostro sito, per vedere i modelli a disposizione.

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